Il dubbio tra qualora o qual’ora è uno dei più diffusi nella scrittura, capita anche con tuttora e altre congiunzioni. Unendo significato, etimologia e conoscenza grammaticale non sbaglierete più.
Iniziamo dalla cosa più semplice: si scrive qualora. E’ vero che troviamo due parole unite, qual + ora, ma la funzione di congiunzione nella frase porta alla forma unita. Qual’ora quindi è sbagliata.
Qualora o qual’ora, struttura grammaticale
Abbiamo visto che tra qualora o qual’ora si sceglie la prima forma, entriamo nel dettaglio.
Qualora è una congiunzione, nei dizionari viene scritto con l’accento sull’unica o che ha: qua-ló-ra.
Si traduce come nel caso che dal valore temporale e condizionale: “se succede in un determinato tempo“.
E’ un termine molto difficile, nel suono e nel significato, il suo uso è per frasi con significati dinamici e complessi, oppure argomenti di spessore o passi poetici.
Frasi semplici nel linguaggio comune
Tra qualora o qual’ora sceglieremo sempre la prima.
Ricordiamo che la congiunzione è una parte del discorso che unisce due componenti linguistiche in una proposizione, in questo caso qual e ora per un unico significato.
- Qualora se ne presentasse l’occasione parteciperei volentieri al concorso. Altrimenti mi creerei un’altra possibilità.
- Nelle e-mail: Qualora fosse stato ricevuto per errore si prega di inviare segnalazione o cancellare il messaggio.
- Qualora ti stancassi, fai una pausa per distrarti.
Piccoli esercizi: cercate la parola
Come abbiamo detto, qualora è una congiunzione complessa nel suo significato, il linguaggio giuridico e quello poetico ospitano spesso e volentieri questo vocabolo.
- Qualora o qual’ora: primo esempio per non sbagliare. Cercate voi la parola studiata…
Qualora il governo ecceda i limiti indicati nella legge delega, ad es. adottando provvedimenti normativi non previsti nella delega
Spiegando il Decreto legislativo
- Qualora nel linguaggio poetico, esercitatevi con una piccola parafrasi (qui un esempio)
Qualora il tempo alla mia mente riede,
In cui la cara libertà perdei,
E volse i lieti giorni in tristi e rei
Amor, che nel mio sen tiranno siede;
Tento disciorre allor da i lacci il piede,
E trar d’affanni l’alma mia vorrei,
Ripensando all’orror de’ pianti miei,
E quale ho del servir cruda mercede.
Di Faustina Maratti 1833, “Qualora il tempo alla mia mente riede”
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