“L’assiuolo” è un componimento poetico di Giovanni Pascoli contenuto nell’opera Myricae, precisamente nella sezione “in campagna”, la cui prima pubblicazione è datata 1891.
Analizziamo insieme il significato della poesia, lo schema metrico e le principali figure retoriche.
“L’assiuolo”: il commento alla poesia
Come accade nelle poesie definibili simboliste, anche ne “L’assiuolo” si assiste alla narrazione ed alla descrizione di elementi, appartenenti in questo caso alla natura, che celano differenti chiavi di lettura.
Pascoli tratta, servendosi delle immagini e dei suoni di un paesaggio notturno, due tematiche rilevanti nella sua produzione: il mistero della vita e l’incombenza della morte.
Questi pensieri vengono indotti all’udire dell’evocativo verso dell’assiolo “chiù”, un piccolo rapace notturno.
“L’assiuolo” si apre con la narrazione del paesaggio che circonda il poeta: il cielo è perlaceo ma non si vede la luna ed anche gli alberi sembrano allungarsi come per cercarla.
Nella seconda strofa Pascoli vede dei lampi provenire da lontano, da nubi scure, mentre dai campi sente provenire un suono, il verso dell’assiuolo “chiù”.
Le stelle sono poche, offuscate dalla nebbia e due suoni catturano l’attenzione del poeta: il rumore delle onde del mare ed il fruscio dei cespugli identificato nell’onomatopea “frufru”.
Anche il cuore di Pascoli è agitato, proprio come le onde o le foglie, ma non dal vento, bensì da qualcosa che fu, da un ricordo doloroso.
Un leggero venticello scuote le cime degli alberi mentre le cavallette emettono un suono simile a quelli dei sistri, un antico strumento proveniente dall’Egitto, che sembra bussare alle porte della morte.
Ecco la riflessione del poeta sulla vita e sulla morte: si apriranno mai queste porte? Chiaramente Pascoli non ha delle risposte, nel frattempo continua a sentire il “chiù” dell’assiuolo, simile ad un pianto funebre.
L’intero componimento assume dei toni misteriosi ed evocativi, del resto anche la scelta dell’assiuolo non è affatto casuale.
Il suo canto lugubre infatti è in molte tradizioni presagio di sventura, di malasorte.
L’analisi metrica del brano
Questa poesia lirica si compone di tre strofe ognuna delle quali presenta 7 versi novenari più una onomatopea monosillabica “chiù” a conclusione di ciascuna strofa.
Ne “L’assiuolo” la rima è alternata e lo schema è di tipo: ABAB, CDCD…
Le figure timbriche e retoriche che possiamo apprezzare sono le seguenti:
- Allitterazione: al v. 12 del suono fr: “un fru fru tra le fratte”.
- Onomatopea: ai vv. 8, 16 e 24: “chiù”; al v. 12: “sentivo un fru fru tra le fratte”; al v. 20: “finissimi sistri d’argento”.
- Similitudine: al v. 14 “com’eco d’un grido che fu”.
- Ipallage: al v. 8 “nero di nubi”.
- Metafora: al v. 2 “alba di perla”, al v. 10 “nebbia di latte”, al v. 18 “un sospiro di vento”, ai vv. 19-20 ““squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento”.
- Climax: ne “L’assiuolo” il verso chiù viene descritto nella prima strofa come un canto, nella seconda come un singulto, un singhiozzo, mentre nella terza come un pianto di morte.