“Nebbia” è un componimento poetico di Giovanni Pascoli facente parte della raccolta “Canti di Castelvecchio” (così come il componimento La mia sera) pubblicata per la prima volta nel 1903.
Anche se la poesia “Nebbia” è comparsa per la prima volta nel 1899 sulla rivista napoletana Flegrea.
Il commento a “Nebbia”
Questo brano di Giovanni Pascoli racchiude al suo interno tutte le tematiche a lui più care: la natura, il nido e lo spazio che, in una visione simbolista, permette di distinguere ciò che è doloroso da ciò che invece non lo è.
- Lo spazio: ciascun verso, infatti, comincia con l’autore che chiede alla nebbia “nascondi le cose lontane”, seguito da immagini tristi e dolorose. Mentre, al contrario, le cose a lui vicine sono le sole che vorrebbe vedere.
Cose che, in qualche modo, sono bel delimitate all’interno del giardino della sua abitazione, come la siepe dell’orto, le piante di valeriana o le piante di pesco e di melo.
Ed ecco appunto che ritorna, come quasi in tutta la produzione poetica pascoliana, l’immagine del nido legata ad un’idea di sicurezza e protezione.
La nebbia assume, in questa poesia, un ruolo centrale: funge da barriera protettiva tra ciò che è morto, ciò che fa piangere, ciò che deve restare nascosto e ciò che è sicuro, ciò che fa parte dello spazio privato ed impenetrabile del suo nido.
- Altra tematica centrale, che appunto si ricollega a quanto detto, è la natura, sia vegetale che animale. La nebbia, le siepi, i dolci frutti, il cane infondono nel poeta un senso di pace e di sollievo v.18 “pel nero mio pane”, cioè alla sua difficile vita, alla sua quotidianità.
- Anche la morte viene analizzata sotto due differenti punti di vista. Al v.8 il poeta chiede alla nebbia di nascondergli le cose morte, perché gli arrecano dolore e lo rendono triste. D’altra parte, però, il cipresso che Pascoli cita al v.27 simboleggia proprio la morte, intesa questa volta come un rifugio, come un riposo.
L’analisi metrica del brano
“Nebbia” si compone di 5 strofe di sei versi ciascuna e tutte seguono il medesimo schema metrico.
La rima è ABC CBA ed abbiamo 3 novenari, 1 ternario (o trisillabo), 1 novenario ed 1 senario.
Ogni strofa si apre con lo stesso verso “nascondi le cose lontane” e questa ripetizione conferisce all’intero brano una ritmo ben definito, come se si trattasse di una nenia, una cantilena da cui il poeta si lascia cullare.
Per quanto concerne le figure retoriche, troviamo delle allitterazioni ai vv. 1-2, 5-6 e 26.
Ai vv. 2 e 3 vi è la personificazione, rispettivamente, della nebbia e del fumo.
Le anafore sono frequenti all’interno del componimento e scandiscono il ritmo dello stesso. “Nascondi le cose lontane” vv. 1, 7, 13, 19, 25; “tu” vv. 2,3; “ch’io veda” vv. 9, 15, 21, 26.